Le origini del cane
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CULTURA CINOFILA

Le origini del cane

Sono sempre stato molto curioso su quali potessero essere le reali origini del cane poiché, per capire a fondo questo meraviglioso animale, è necessario conoscere come visse per molti anni al fianco dell’uomo primitivo, prima ancora che quello moderno ci mettesse le mani per manipolarlo secondo i suoi desideri. Nella mia vita ho letto parecchi libri su come si evolse nella storia questo quadrupede, ma mai nessuno è riuscito a convincermi troppo sulle varie teorie sostenute.
 
Poi un giorno ebbi occasione di scoprire l’esistenza di due biologi ricercatori americani, Lorna e Raymoad Coppinger e del loro libro “DOGS”, ritenuto oggi il più autorevole testo in materia di cani e mi accorsi subito che molte delle loro affermazioni provenivano da approfondite ricerche svolte sul campo ed erano assolutamente imparziali e realistiche, oltre a dimostrarsi in grande sintonia con quanto riscontravo giornalmente al fianco di questi animali straordinari. Io non sono certamente un biologo ma, oltre a provenire da un’antica generazione di “cinofili pratici e concreti”, credo di aver posseduto e allevato nella mia vita un numero di cani assolutamente superiore a qualsiasi professionista che oggi opera nel settore del comportamento canino. Essendomi poi sempre occupato di razze primitive dotate di forte carattere, non mi sono mai mancate le difficoltà da affrontare nella loro gestione quotidiana.
 
Studiando quanto avevano pubblicato i coniugi Coppinger sul loro libro, dove sostenevano che tutte le “prestigiose” razze di cani oggi esistenti al mondo (compresi i guardiani da greggi che io seleziono per la guardia della proprietà e la protezione della famiglia) provenivano senza dubbi dai cani da villaggio, ovvero i primi discendenti del cane originale sviluppatosi spontaneamente nei millenni per trasformazione del lupo, ebbi occasione di leggere testualmente ciò che scrisse uno di loro:
“Per avvallare la mia tesi, ho bisogno di trovare una popolazione di cani che viva un rapporto commensale con l’uomo in un moderno villaggio mesolitico – cioè un luogo che riproduca le condizioni esistenti nei primi insediamenti umani”. – “Ad esempio quando gli antropologi vogliono capire le popolazioni del Mesolitico, studiano le moderne società di cacciatori-raccoglitori. Il presupposto è che queste società moderne forniscano un’approssimazione di come possa essere stata la vita dei cacciatori-raccoglitori del Mesolitico. Gli studiosi confrontano strumenti, armi, abitazioni e resti di cibo presenti nelle moderne popolazioni con quelli trovati nei siti archeologici e traggono conclusioni su cosa sia cambiato tra il vecchio ed il nuovo. Se gli attuali strumenti di caccia o di raccolta sono simili a quelli del Mesolitico e le popolazioni le usano ancora, possiamo assumere che siano culturalmente simili”. – “Quindi per poter osservare la versione moderna del cane originale, che si era adattato a vivere nel villaggio mesolitico, cercai una popolazione di cani che, al giorno d’oggi, vivesse in una società di cacciatori-raccoglitori in un posto remoto, il cui isolamento avesse ridotto al minimo le possibilità che i geni dei cani venissero continuamente corrotti dall’apporto di nuovi geni”. – Trovai cosa stavo cercando su un’isola ad una cinquantina di chilometri al largo della costa Est dell’Africa: Pemba, situata appena al di sotto dell’equatore. Nell’ambito della moderna economia mondiale, Pemba risulta essere fuori dai giochi, in fondo ad un vicolo cieco. I cani di Pemba, come altri cani da villaggio, non sono semplici cani randagi: io sono convinto che siano i discendenti dei primi cani domestici, evoluti nel Mesolitico. Sono anche convinto che questi cani da villaggio siano la radice delle nostre moderne razze canine”. “Pemba è probabilmente un’isola da sogno per i cani che sfruttano la relazione commensale: non esistono catene, collari, recinti né guinzagli; i cani non vengono sterilizzati o castrati, né chiusi in casa o isolati nel proprio gruppo sociale, non devono andare a scuola d’addestramento, non ci sono umani che cercano di essere dominanti o leader del branco, né che facciano finta di essere Skinner con punizioni o premi né Pavlov col suo click and treat. Questi cani sono liberi da tutto questo. Sono liberi di vivere la vita naturale (selvatica) del cane allo stato brado, che non è molto diversa dalla vita selvatica, in perenne competizione con una grossa preda – ma non è neanche lontanamente pericolosa”.
 
E allora, come faccio ormai da anni per migliorare la mia cultura cinofila, ho preso ancora una volta “armi e bagagli” e sono partito per l’esotica destinazione, dove avrei potuto incontrare di persona questa tipologia di cani da villaggio, osservare il loro comportamento e specialmente intervistare le popolazioni locali sul rapporto che intrattengono da sempre con questi animali.
 
L’isola di Pemba, nota anche come Al Kuh Dra (l'"isola verde"),  si trova in Africa, nello stato della Tanzania ed è bagnata dall’Oceano Indiano. Non è assolutamente un luogo turistico (forse lo diventerà) ma, chi ha la fortuna di visitarla, incontra un ottimo spettacolo fatto di acque turchesi e spiagge deserte di sabbia candida che si perdono in una fresca vegetazione lussureggiante, tanto indurre i vari colonizzatori inglesi a chiamarla “the floating forest”, la foresta che galleggia.
L'isola ha una forma rettangolare con una costa orientale piuttosto rettilinea, salvo qualche piccola baia, mentre la parte occidentale presenta un profilo decisamente frastagliato, con una serie di baie alternate a penisole. Le città principali dell'isola sono Wate, Chake - Chake e Mkoani, in realtà sono piccoli villaggi con poche attrattive, se non quelle di vedere uno spaccato di Tanzania veramente autentico.
Il Canale di Pemba, che separa l'isola dal continente, è una delle aree più pescose dell'intera Africa, rinomato soprattutto per l'abbondanza di varie tipologie di pescespada. L'isola di Pemba è anche un centro di medicina tradizionale e di magia nera. Gli africani vengono addirittura dallo Zaire per incontrare gli stregoni “waganga” e farsi prescrivere cure.
 
Ho albergato in un piacevole, anche se ovviamente rudimentale, hotel africano gestito da abitanti del posto, nei pressi di un villaggio indigeno situato nel sud dell’isola. Non vi era nulla, tranne la loro simpatia ed una discreta cucina fatta sul momento, con quanto offre la Natura di quel luogo.
Ovviamente nessuna connessione internet ed una rete telefonica mobile molto precaria, nessuna televisione né attrattiva per i turisti e quindi sveglia all’alba e subito a letto con il tramonto. In quel luogo esiste la corrente elettrica, di cui è provvisto l’albergo, ma solo pochi abitanti del villaggio possono permettersi il collegamento, come nessuna strada possiede la minima illuminazione. Quindi dopo le 19.00, non si può fare altro che leggere e poi andare a dormire.
 
Per  me, sono stati giorni di grande riflessione sull'operato della Natura e specialmente sulle reali caratteristiche morfologiche e comportamentali dell’animale che studio da anni. Ho finalmente trovato il tempo necessario per approfondire alcuni concetti promossi dai coniugi Coppinger e l’occasione di verificarne l’autenticità ammirando con i miei occhi quanto esiste su quell’isola. Ho trascorso piacevoli giornate con una guida locale che con un po’ di vergogna e imbarazzante derisione da parte di tutti, mi conduceva alla ricerca dei loro cani da villaggio, i “mbwa  che gli indigeni considerano animali al pari dei ratti ed assolutamente meno pregiati dei polli, visto che questi ultimi sono molto utili al sostentamento di infinite famiglie, piene zeppe di bambini e con poche opportunità di alimentarsi. Con una caramella, da loro chiamata “pipi”, si possono accendere dei sorrisi sui loro volti che sinceramente non ricordavo più esistessero!
 
In base a quanto affermato dai biologi americani, ovvero che il cane si evolse nei millenni nutrendosi solo e sempre nelle discariche alimentari dell’essere umano, sono partito con l’intenzione di poter raccogliere molta documentazione per dimostrare a tutti, compresi i professionisti del settore, che il nostro animale domestico non necessita di nulla di quanto si vuole far credere oggi per creare una sorta di “dipendenza morale” al suo proprietario; tranne in alcuni casi evidentemente patologici, può continuare a vivere benissimo nutrendosi dei nostri avanzi di cucina o di carne con ossa, come fece per millenni, indipendentemente dalla razza a cui appartiene. E quando sopraggiungono “eventuali” problemi, la causa principale non è mai il cibo casalingo che gli dà il suo padrone, “messo in croce” dai media, ma unicamente la scorretta ed impazzita selezione che l’uomo moderno continua ad attuare senza che nessuno intervenga per tutelare il legittimo benessere del nostro animale domestico, ormai vittima di una speculazione economica a 360°.
 
Ma sono tornato un po’ deluso e sapete perché?
A Pemba, non esistono molti scarti alimentari perché, il poco cibo disponibile, ad oggi, viene “divorato” tutto dagli abitanti di villaggio che non avanzano praticamente nulla, tranne poche ossa molto dure e prive di qualsiasi supplemento, lische di pesce e qualche interiora.
Ai cani, molto abili a fare la guardia alle capanne, proteggendole soprattutto altri loro simili che, inselvatichiti nella foresta, si avvicinerebbero spesso per fare razzie del pollame che razzola ovunque, viene lasciato poco o nulla.
 
Sapete come fanno gli abitanti di Pemba ad alimentare i cani del villaggio?
Li lasciano liberi di andare dove vogliono e di cercare cosa trovano che gli possa servire per sopravvivere; le poche volte che si vedono in giro e che non stanno nascosti, è facile vederli leccare le brodaglie rovesciate dalle donne negli scarichi a cielo aperto che ci sono fra le capanne e rovistare fra vari tipi di porcherie, comprese le feci.
Una o due volte alla settimana, alcuni uomini li accompagnano nella foresta e li aiutano a cacciare le scimmie locali ed alcuni tipi di roditori, gli uomini salgono sugli alberi e fanno cadere le scimmie, i cani le afferrano e se le spartiscono fra i vari componenti del branco, secondo i soliti rituali gerarchici (infatti presentano spesso i segni delle lotte).
 
E per questa sporadica collaborazione dell’uomo, i cani da villaggio hanno una sorta di vera adorazione nei confronti del loro “padrone” che invece, non si sogna minimamente di accarezzarli, in quanto ritenuto per tradizione un gesto lurido, anche sotto il profilo religioso.
 
Come si presentano i cani di Pemba?
Solitamente in carne e con un mantello lucido e pulitissimo!
Hanno un aspetto sano e, quando necessario, dimostrano grande energia, forza, impressionante astuzia e un’agilità pari a nessun altro.
Sono di tutti i colori e di svariate morfologie, anche se mai troppo alti o pesanti. Solitamente molto diffidenti ed anche aggressivi con chi non conoscono, sono invece altrettanto disponibili ed equilibrati con i bambini e con la gente del villaggio dove vivono, dei quali non toccano mai una gallina od un pulcino a costo di morire di fame!
Ma la cosa più sensazionale è che invecchiano bene e non presentano la minima patologia morfologica, diventata invece molto frequente in tutte le razze selezionate dall’uomo che stentano a diventare anziani, nonostante iper-curati da tutti.
 
Vivere per una settimana sull’Isola di Pemba, è stata un’esperienza straordinaria che ha confermato definitivamente molte delle teorie che sostengo, ormai da anni, su quale morfologia ottimale debba possedere un cane per vivere bene, su come vada alimentato e gestito in modo corretto per farlo sentire a suo agio nella sua natura di animale.
 
Oggi non ho più il minimo dubbio sui principi di “cinofilia naturale” da applicare coi miei cani da guardia per soddisfare al meglio le loro esigenze e contribuire al loro benessere, anche se immagino che molti “esperti” cercheranno di contestarli in ogni modo perché assolutamente in antitesi con le teorie mirate al condizionamento del cane.
 
Studiando a fondo le origini e la natura di questo animale, non ho mai incontrato nulla che mi abbia ricondotto a quanto si vuole far credere oggi come idoneo per farlo vivere bene. Sono invece profondamente convinto che al cane piaccia ben poco di tutto quello che è stato organizzato attualmente da molti operatori del settore, per soddisfare un proprietario che lo ha ormai trasformato in un piacevole burattino da esibire al pubblico: pulito, ordinato e capace di obbedire a comando senza obbiettare.
 
Il cane necessita solo del nostro amore di padroni equilibrati, responsabili e capaci di crescerlo senza troppe complicazioni, rispettando la sua indole di animale.

 
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Buon studio a tutti!
 
Ezio Maria Romano.
 


































































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